Il fondo interbancario di tutela dei depositi è un consorzio tra banche che ha come scopo quello di tutelare, fino al limite di 100.000 euro, chi deposita denaro in uno qualunque degli istituti che operano sul suolo nazionale. Si tratta di un istituto nato nel 1987 al quale si aderiva fino al 2011 in via facoltativa e volontaria e che oggi invece è diventato consorzio obbligatorio per tutte le banche organizzate come Società per Azioni. Si tratta di un importantissimo istituto di tutela per piccoli e medi risparmiatori che funziona secondo modalità precise, che andremo ad indagare nel corso della guida di oggi.
La crisi delle banche scoppiata sul finire del 2015 ha decisamente acceso il dibattito sul tema, al punto da spingere molti a chiedersi se il fondo interbancario di tutela depositi sia effettivamente in grado di far fronte ad un default di sistema. Anche chi masticava poco di finanza, poi, ha conosciuto il consorzio e, giustamente, cerca maggiori lumi in merito.
Al fondo di tutela devono contribuire e aderire tutti gli istituti bancari italiani che hanno come forma societaria la SPA. Per quanto riguarda invece le succursali di gruppi esteri che operano in Italia l’adesione non è obbligatoria ma volontaria e si somma alle tutele che vengono offerte dall’ordinamento di riferimento. L’unica tipologia bancaria che non è obbligata ad aderire al fondo di tutela è la banca di credito cooperativo, che aderiscono però ad un fondo analogo, chiamato Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo.
Nonostante per i gruppi stranieri dunque non sia poi obbligatorio iscriversi e aderire al consorzio, ad oggi tutte le banche che operano con sportelli aperti al pubblico nel nostro paese aderiscono al fondo di tutela interbancario.
Il fondo copre fino a 100.000 euro per depositante presso ogni singolo istituto bancario. Questo vuol dire che se la persona di Mario Rossi ha un conto deposito da 95.000 euro presso l’istituto A, e un conto corrente presso l’istituto B di 40.000 euro, verrà rimborsato in entrambi i casi.
Nel caso in cui invece i diversi conti dovessero cumularsi in capo allo stesso soggetto presso lo stesso istituto, vale il totale di 100.000 euro. Per intenderci, nel caso in cui Mario Rossi fosse titolare (o co-titolare) di due conti presso il medesimo istituto, per un totale di 60.000 euro più 50.000 euro, si vedrebbe riconosciuta comunque la tutela fino a 100.000 euro. La somma di 100.000 euro è così stabilita dal d.l. n. 49 24/03/2011, che stabilisce il limite di rimborso, come abbiamo detto poco prima, per correntista presso lo stesso istituto.
Per i conti cointestati fa fede invece il conto parziale per ogni sottoscrittore. Se saranno 2, il limite sarà di 200.000 euro. Il fondo di tutela opera anche nel caso in cui uno degli intestatari o dei cointestatari sia una persona giuridica e non una persona fisica. Per intenderci, il fondo di tutela opera anche nel caso in cui l’intestatario del conto sia una società, qualunque sia la configurazione che abbia assunto.
Il fondo di tutela non opera ovviamente con ogni tipo di conto che potreste aver acceso in banca. IL fondo è operativo per:
Non è invece prevista alcuna tutela, almeno da questo fondo di tutela interbancario, per:
Il primo obiettivo di questo fondo è ovviamente quello di tutelare il risparmio. Allo stesso tempo vi è una tutela per le banche, per evitare il fenomeno della corsa agli sportelli, in quanto il fondo stesso:
Si tratta dunque di uno strumento che agisce operando su entrambi i lati del rapporto banca-cliente e che non è disponibile soltanto in Italia, ma praticamente in tutti i paesi con economia bancaria sviluppata.
Senza voler alimentare quelle che sono voci di corridoio che ciclicamente si fanno avanti ad ogni sofferenza di uno o più gruppi bancari italiani, è comunque doveroso rilevare che il fondo interbancario potrebbe non essere adeguato a restituire le somme depositate nel caso in cui a fallire siano più istituti bancari contemporaneamente.
Il fondo è stato già messo a dura prova con le recenti sofferenze di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti, CariFerrara anche la situazione dei correntisti sembra essere, almeno per il momento, piuttosto tranquilla.
Nel caso in cui l’istituto bancario presso il quale abbiamo acceso un mutuo dovesse diventare insolvente, non dobbiamo attivarci in alcun modo. Il rimborso infatti è completamente scisso dalla procedura fallimentare.
Il rimborso avviene attraverso procedure automatiche del fondo di garanzia interbancaria ed è dovuto entro 20 giorni, anche se si può ottenere comunque proroga di 10 giorni. Chi ha uno o più conti corrente presso l’istituto in sofferenza (o che ha aperto le procedure fallimentari) non deve dunque attivarsi, in quanto non viene ritenuto creditore verso l’istituto (e dunque non viene iscritto neanche nell’apposito registro), ma verrà semplicemente saldato dal Fondo Interbancario di Garanzia.
La scelta del tetto di 100.000 euro non è autonoma del legislatore italiano, ma è stabilita dalle norme Europee attualmente vigenti.
Le norme si sono preoccupate di uniformare il livello di tutela in tutta l’area Euro e anche nei paesi che partecipano all’Unione pur non avendone adottato la moneta (è il caso del Regno Unito).