Irpef: il termine di prescrizione non va confuso con quello di decadenza entro il quale Equitalia può riscuotere l’imposta mediante ruolo esattoriale.
L’Irpef, come gli altri tributi erariali (per es. IVA e IRAP), si prescrive in dieci anni. Non esiste una norma specifica che stabilisce il termine di prescrizione delle imposte sui redditi. Proprio per la mancanza di una previsione legale si applica il termine di prescrizione ordinario che è, appunto, quello decennale.
Un orientamento minoritario ritiene invece che la prescrizione sia quinquennale, in quanto l’Irpef è un tributo periodico e, per legge , tutto ciò che deve pagarsi periodicamente, ad anno o in un termine più breve, si prescrive in cinque anni.
Secondo la Cassazione, invece, non si potrebbe applicare la prescrizione quinquennale prevista per tutto ciò che deve essere pagato periodicamente: infatti l’irpef non può essere definita “periodica” dato che si basa di volta in volta su valori differenti calcolati nella dichiarazione dei redditi. Il termine di prescrizione di dieci anni si interrompe e inizia a decorrere nuovamente ogni qual volta al contribuente viene notificato un atto della riscossione (per esempio avviso dell’Agenzia delle Entrate o cartella Equitalia). Una volta notificata la cartella, il debito Irpef si prescrive nei dieci anni successivi (sempre che non vengano validamente notificati nel frattempo altri atti interruttivi della prescrizione).
La cartella esattoriale riguardante l’IRPEF è soggetta, oltre che ad un termine di prescrizione, ad un termine di decadenza. Infatti, la legge stabilisce che Equitalia deve agire per la riscossione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche entro il 31 dicembre:
Se Equitalia non rispetta i termini appena indicati, decade dalla possibilità di riscuotere l’Irpef mediante il ruolo. Ciò vuol dire che l’Agenzia delle Entrate dovrà procedere al recupero del credito per via ordinaria tramite ricorso al giudice.